“ il talento di un artista non è determinato solo dalla qualità dei pensieri che vuole trasmettere, ma anche dalla capacità di esprimerli così bene da farli giungere agli altri senza alcuna distorsione. Il risultato della guerra tre pensiero e capacità di esprimerlo, tra sogno e realtà, è quasi sempre un compromesso o una approssimazione. Non riusciamo che raramente a raggiungere il grande pubblico e, in fondo, rimaniamo più che soddisfatti se siamo capiti e apprezzati da una minoranza di persone sensibili”.
( Escher)
Dal 24 giugno 2016 al 22 gennaio 2017, duecento opere saranno esposte nelle sale di Palazzo Reale a Milano: una grande mostra interamente dedicata a Maurits Cornelis Escher (1898-1972), l’incisore, intellettuale e matematico che ha colonizzato l’immaginario collettivo con le sue opere visionarie.
Questo sabato pomeriggio ho avuto l’opportunità di gustarmi questa fantastica mostra con il mio primo amore, Escher, e volevo condividerla con voi tramite alcuni paragrafi estratti dalla mia tesi di Laurea.
Buona lettura e Buon Viaggio!!!! 😀
L’artista Maurits Cornelis Escher è un geniale creatore di illusioni, di mondi ed oggetti irreali che ad una prima occhiata possono ingannare ed apparire reali, rivelando ben presto sorprese nascoste.
Il segreto di quella che può sembrare una fantasia immaginativa fuori del comune, collegata, ad una eccezionale capacità grafica, è in verità molto poco fantasioso, sono infatti la matematica, la geometria, la cristallografia, passioni tanto forti in Escher quanto quella artistica.
La sua attività di grafico lo porta ad operare sul piano bidimensionale, ma è da subito evidente che il suo interesse per la realtà tridimensionale è talmente forte che lo impegna a ricercare mezzi espressivi adatti a sottoporre la forma spaziale alle leggi limitative dell’immagine piana.
Da tale conflitto e da tale aspirazione scaturiscono le straordinarie opere grafiche di Escher.
Codesto discorso non è così chiaro ed evidente come potrebbe sembrare, poiché, non solo siamo sottoposti al fascino di un’immagine spaziale tridimensionale su una superficie piana, ma anche ad un ulteriore ed inconsueto fatto: in ogni rappresentazione, l’immagine costruita è quella di una figura che non potrebbe mai avere un’esistenza spaziale concreta, secondo la logica corrente.
Molte delle opere di Escher, soprattutto quelle ad impronta apparentemente decorativistica, hanno in realtà alla base il concetto matematico dell’infinito.
Ossessionato dal concetto di divisione regolare del piano, l’artista studia ed inventa simmetrie di vario tipo, cercando di utilizzare la divisione del piano come mezzo per catturare e arrestare il concetto di infinito, realizzando opere in cui la tassellatura può continuare indefinitamente, avendo come sfida finale il contenere l’infinito entro i confini di una sola pagina.
Uno dei temi che più affascinò Escher fu la rappresentazione di mondi simultanei, di un mondo infinito in uno spazio finito, tema che egli trasferì visivamente in numerose delle sue opere, nelle quali sono contemporaneamente presenti due mondi, quello percepito dall’artista e quello a cui le sue percezioni non possono arrivare, pur trovandosi nello stesso posto e nello stesso momento, a ciò corrispondendo studi grafici e rigorose modellizzazioni matematiche, frutto di ricerche condotte per lunghi anni.
Escher assimilò le interrelazioni tra la geometria dello spazio e la logica dello spazio, utilizzando spesso uno dei modelli di logica dello spazio che si basa sul gioco di luci ed ombre applicato ad oggetti concavi o convessi, suggerendo in alcuni casi il capovolgimento intuitivo tra interno ed esterno, con indizi visivi illusori.
In altri casi, applicandosi allo studio della prospettiva, Escher esplica il suo interesse per gli angoli visivi più insoliti e realizza composizioni in cui l’alto e il basso e l’orientamento degli oggetti a destra o a sinistra, dipendono dalla posizione che l’osservatore decide di prendere nei confronti dell’opera, cosicchè il concetto comune di “sopra” e “sotto” assume un significato casuale e temporaneo, relativamente legato al particolare del quadro su cui si centra l’attenzione dell’osservatore: anche in questo caso, l’illusione colloca il sistema visivo nell’incapacità di risolvere in maniera appropriata informazioni che giungono in maniera ambigua.
Tuttora, per la singolarità di molte intuizioni di questo geniale artista, le sue figure impossibili e i suoi paradossi logici sono scopo di studio da parte di storici dell’arte, ma anche di psicologi della percezione, poiché, come dice Al Seckel, esperto di scienze cognitive del California Istitute of Thechnology:
“ La percezione non è un percorso semplice, anche e a noi può apparire così, perché ci riesce naturale. Gli inganni ottici sono una finestra attraverso cui possiamo comprendere il funzionamento della vista e del cervello umano. I giochi e i trucchi portano allo scoperto i limiti del sistema visivo molto meglio della normale visione”.
Escher è un grande esempio di come matematica, geometria ed arte possano unirsi ed esprimere le singolari possibilità implicite situate nella struttura spaziale, grazie ad una intelligenza sopra la norma, una spiccata immaginazione, uno spiccato intelletto con cui riusciva ad indagare e riconoscere nella natura modelli e ritmi nascosti, riconoscendo nelle sue idee alla base dei suoi lavori.
Una volta iscritta all’Accademia di Belle Arti, il mio percorso didattico-artistisco si è orientato verso la ricerca di un’arte che esprimesse a pieno l’ambiguità del nostro tempo cercando di creare un’opera d’arte che fosse una sintesi tra la realtà esterna e il mondo interiore. Le esperienze umane, le emozioni dovevano concretizzarsi in immagini costruite ingegnosamente venendo così immortalate su di una lastra rendendole così eterne. Proprio come Escher il cammino dell’uomo era un viaggio che iniziava sulla terra ma che, purificandosi, poteva raggiungere un superiore stato di ritrovata innocenza. Questo percorso doveva obbligatoriamente iniziare all’interno dell’Io, guardando dentro me stessa e prendendo coscienza del proprio guardare, cosicchè ciò che ho visto è possibile che possa vederlo ugualmente lo spettatore, l’introspezione è quindi il primo passo verso il mondo esteriore, che nella visione realizzata su carta diventa palpabile senza perdere nulla della sua immaterialità.
Se vi ho incuriositi ed ho abbastanza stuzzicato la vostra fantasia, vi mostro qui di seguito il mio progetto allegato alla mia tesi “Escher contro Escher, una ricerca tra geometria dello spazio e del segno nell’opera di un maestro incisore”.